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Dalla fusione tra Unicredit e Capitalia nasce il secondo gruppo bancario europeo

Italia
Il 20 maggio 2007 i manager di Unicredit e Capitalia hanno formalizzato il piano di fusione tra le due banche italiane. Dalla fusione nascerà il secondo gruppo bancario europeo e il sesto a livello mondiale. Non sono ancora chiare, però, le conseguenze in termini occupazionali. I sindacati, ancora in attesa di una convocazione da parte del managenet, stimano tra i 3.000 e i 9.000 lavoratori a rischio esubero.
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Quali conseguenze per l’occupazione?

Il 20 maggio 2007 i manager di Unicredit e Capitalia hanno formalizzato il piano di fusione tra le due banche italiane. Dalla fusione nascerà il secondo gruppo bancario europeo e il sesto a livello mondiale. Non sono ancora chiare, però, le conseguenze in termini occupazionali. I sindacati, ancora in attesa di una convocazione da parte del managenet, stimano tra i 3.000 e i 9.000 lavoratori a rischio esubero.

Dopo la nascita per fusione del colosso bancario Intesa-San Paolo (IT0609029I) il mondo economico italiano era in attesa di conoscere quale sarebbe stata la prossima mossa del cosiddetto “risiko bancario”. L’annuncio ufficiale, avvenuto il 20 maggio scorso, della fusione tra Unicredit e Capitalia era, dunque, una notizia attesa dagli operatori del settore.

Un settore caratterizzato da importanti processi di aggregazione

Il settore del credito è stato caratterizzato, nell’ultimo decennio, da importanti processi di aggregazione. Nel periodo 1998-2005, secondo l’Ufficio Studi di Mediobanca, nel mondo si contano ben 47 “mega mergers” (matrimoni tra grandi gruppi). Di questi ben 21 hanno riguardato banche europee, cui va aggiunta la recente fusione italiana tra Intesa e San Paolo (IT0609029I).Nello stesso perido l’Italia ha assistito anche a molte incoroprazioni di piccole banche da parte di istituti bancari più grandi e a buoni risultati in termini di redditività, consentiti anche dal costo del lavoro inferiore rispetto a quello di altri paesi europei (si veda tabella).

La fusione in corso tra Unicredit e Capitalia rimane, comunque, quella più significativa in termini dimensionali. La capitalizzazione di borsa del nuovo gruppo è stimata per oltre 100 miliardi con più del 50% dei ricavi che sarà realizzato oltre confine, a testimoniare la dimensione europea del gruppo. Il numero dei dipendenti si aggira sui 170.000 distribuiti su una rete di 9.200 sportelli. Si tratta di circa il 27% del mercato domestico.

Ricavi e costo del lavoro per dipendente nelle principali banche mondiali
Table Layout
  Totale ricavi per dipendente (ml eur.) Costo del lavoro per dipendente (ml eur.)
  2005 var. % su 1998 2005 var. % su 1998
Svizzera 381,2 35,7 195,6 47,2
Germania 257,5 33,0 104,5 41,3
Scandinavia 230,1 39,9 71,9 44,2
Regno Unito 218,4 70,0 63,7 60,5
Benelux 212,2 22,6 74,0 23,1
Francia 193,4 25,9 72,1 17,9
Italia 167,3 0,9 55,9 -5,6
Spagna 145,8 45,1 43,0 15,2

Europa

212,4 36,5 75,8 31,9

Fonte: Mediobanca

Le reazioni del sindacato e della politica

Se il Governo e i vertici confederali di Cgil-Cisl-Uil hanno salutato positivamente la nascita del nuovo gruppo, più prudenti sono i sindacati di categoria che temono ricadute sull’occupazione. I numeri degli esuberi non ci sono ancora, perché i sindacati sono in attesa di essere convocati dai vertici aziendali. Mimmo Moccia, segretario generale della Fisac-Cgil, dichiara di essere disponibile al confronto e di attendersi esuberi in una dimensione simile a quelli annunciati dopo la fusione tra Intesa e San Paolo. I lavoratori a maggior rischio sono quelli impiegati nelle funzioni che verranno centralizzate, come le società informatiche e le aziende di prodotto del gruppo.

Intanto la vicenda della fusione si è intrecciata con il rinnovo del contratto dei bancari: l’Abi (Associazione Bancaria Italiana) ha chiesto ai sindacati di analizzare insieme, in sede di trattativa, il cambio di scenario derivante dalla nascita del nuovo gruppo bancario.

Commento

Nello scenario del capitalismo italiano, caratterizzato da una forte frammentazione d’impresa e dominato dalle PMI (Piccole Medie Imprese), le tendenze alla concentrazione in atto nel settore del credito rappresentano un’eccezione. Se si tratti di un’eccezione positiva dipenderà da come i grandi gruppi del credito sapranno rispondere alle esigenze del mondo imprenditoriale (prevalentemente familiare) e dei consumatori che, fino ad oggi, hanno sopportato costi bancari tra i più alti d’Europa.

Cristina Tajani

Ires Lombardia

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