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La manifestazione contro la precarietà divide la Cgil

Italia
Il 4 novembre 2006 si è tenuta a Roma una manifestazione nazionale contro il lavoro precario, ossia l’eccessivo utilizzo dei contratti atipici nel mercato del lavoro italiano. L’iniziativa di protesta è stata indetta da associazioni di volontariato, partiti politici di sinistra che fanno parte dell’attuale governo e sigle sindacali, tra cui non solo organizzazioni autonome e di base, ma anche alcune importanti federazioni nazionali di categoria della Cgil che inizialmente hanno appoggiato la manifestazione. L’iniziativa ha però innescato un duro scontro all’interno della Cgil, tra quanti hanno aderito alla protesta e quanti si sono schierati contro.
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Il 4 novembre 2006 si è tenuta a Roma una manifestazione nazionale contro il lavoro precario, ossia l’eccessivo utilizzo dei contratti atipici nel mercato del lavoro italiano. L’iniziativa di protesta è stata indetta da associazioni di volontariato, partiti politici di sinistra che fanno parte dell’attuale governo e sigle sindacali, tra cui non solo organizzazioni autonome e di base, ma anche alcune importanti federazioni nazionali di categoria della Cgil che inizialmente hanno appoggiato la manifestazione. L’iniziativa ha però innescato un duro scontro all’interno della Cgil, tra quanti hanno aderito alla protesta e quanti si sono schierati contro.

In Italia il tema del lavoro atipico è una delle questioni centrali del dibattito tra forze politiche e parti sociali. Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2006, per la prima volta, nelle nuove assunzioni la quota dei lavoratori atipici sarà superiore rispetto ai contratti a tempo indeterminato (rapporto Istituto Ricerche Economico Sociali e facoltà di Scienze della Comunicazione della Sapienza). Ultimamente è tornato sulla questione anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che l’ha così richiamata all’attenzione di maggioranza e opposizione: “Il precariato è un problema serio. Mi auguro che possa essere presto affrontato in Parlamento”.

In tale contesto è stata organizzata ed indetta a Roma, per il 4 novembre 2006, una manifestazione nazionale (“Stop precarietà ora”) da una serie eterogenea di associazioni, forze politiche di sinistra (facenti parte dell’attuale maggioranza di governo) e sigle sindacali. I tre punti programmatici alla base della protesta e comuni a tutti i soggetti promotori sono l’abrogazione, nonché il loro superamento, di tre interventi legislativi adottati dal precedente governo di centro destra: la legge 30 (meglio nota come legge Biagi) che interviene sul mercato del lavoro, la legge Moratti sulla riforma del sistema scolastico e la legge Bossi-Fini che riforma le politiche immigratorie. Tra le forze politiche che hanno aderito all’iniziativa vi sono Rifondazione comunista, il Partito dei comunisti italiani, la Federazione dei Verdi e l’ala sinistra dei Democratici di sinistra. Composito anche lo schieramento delle sigle sindacali che hanno inizialmente partecipato all’organizzazione della manifestazione. Da una parte, tre importanti federazioni di categoria che aderiscono alla General Confederation of Italian Workers (Confederazione Generale Italiana del Lavoro, Cgil), quali la Italian Federation of Blue-Collar Metalworkers (Federazione Italiana Operai Metalmeccanici, Fiom), la Funzione pubblica (Fp) e la Federazione lavoratori della conoscenza (Flc), che comprende i lavoratori della scuola. Dall’altra parte, il composito mondo delle sigle appartenenti al sindacalismo autonomo di base, tra cui i Comitati di base (Cobas), il Sindacato intercategoriale dei comitati di base (Sincobas), il Sindacato unitario dei lavoratori dei trasporti (Sult), la Confederazione nazionale dei lavoratori (Cnl), organizzazioni presenti soprattutto nei settori dell’amministrazione pubblica, della scuola, della sanità e dei trasporti.

Alla vigilia della manifestazione un comunicato, scritto dai Cobas e pubblicato da un noto quotidiano nazionale (all’interno di uno spazio pubblicitario a pagamento), attaccava direttamente la legge finanziaria che è in via di approvazione in Parlamento e il ministro del Lavoro, Cesare Damiano (ex segretario aggiunto della Fiom-Cgil, poi diventato responsabile del lavoro nei Ds), di cui si chiedevano le dimissioni. Tale volantino ha provocato la rottura del comitato organizzatore e la defezione di alcune forze, quali la corrente di sinistra dei Ds, la Fp-Cgil e la Flc-Cgil, che hanno ritirato la loro adesione dalla manifestazione, avendo valutato l’iniziativa contro il ministro del Lavoro come un’eccessiva e non giustificabile radicalizzazione delle posizioni. Confermata invece la presenza al corteo, svoltosi a Roma il 4 novembre (con la partecipazione di 150.000 persone per i promotori, molte meno per la questura) della Fiom-Cgil che ha però criticato l’attacco dei Cobas al ministro. Presenti in piazza anche alcuni viceministri e sottosegretari del governo, appartenenti ai tre partiti di sinistra (Rc, Pdci e Verdi) che hanno aderito alla manifestazione.

Reazioni

Di diverso tono i commenti al corteo di Roma. Per il presidente del Consiglio dei Ministri, Romano Prodi, si è trattato di “un corteo pacifico contro il precariato, non contro il governo […] – e ha aggiunto – Abbiamo un impegno per ridurre il precariato, per utilizzarlo solo nelle situazioni in cui è assolutamente funzionale. Il governo, con il ministro Damiano, sta marciando in questa direzione”. Dal canto suo, il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, duramente contestato dai sindacati autonomi di base ha aggiunto: “Rivedere radicalmente la legge 30 è una priorità per il governo”. Posizioni, queste, che hanno innescato l’immediata reazione della Confederazione generale dell’industria italiana (Confindustria) che per bocca del suo vicepresidente, Alberto Bonbassei, si è detta assolutamente contraria a qualsiasi modifica della legge 30 e dell’attuale disciplina che regola i contratti a termine (a tempo determinato e in somministrazione).

Più distaccata la posizione del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni: “Le motivazioni erano anche giuste. Ma la forma era sbagliata, il linguaggio era a dir poco non desiderabile”. Di segno totalmente contrario il giudizio di Sergio Cofferati, ex segretario generale della Cgil e oggi sindaco di Bologna per i Ds, secondo cui “è incomprensibile che parte del governo fosse al corteo che ha contestato il ministro Damiano. Una presenza priva di senso, i sottosegretari hanno altri luoghi dove far valere le loro idee”.

Lo scontro dentro la Cgil

Le maggiori divisioni si sono però determinate all’interno della Cgil, o meglio, tra la confederazione che racchiude tutte le federazioni di categoria e la Fiom che ha confermato la propria partecipazione al corteo.

Il segretario nazionale della Fiom, Giorgio Cremaschi, ha contestato la reale volontà del governo di promuovere una significativa revisione della legge 30 (“la linea Prodi-Damiano – ha dichiarato – è quella di un mero ritocco dell’esistente”) e ha criticato la Cgil che – secondo lui – “ha sbagliato a non partecipare alla manifestazione […]. E invece Epifani – ha continuato – ha preferito temporeggiare. Ormai è affetto dalla sindrome del ‘governo amico’. E così per non ostacolare questo ‘amico’ ha abbassato la guardia. Ma sta facendo un errore gravissimo”.

Dura la risposta del segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, nei confronti della Fiom (e del suo segretario Giorgio Cremaschi) che è avvenuta durante il comitato direttivo della Cgil, svoltosi tra il 21 e il 22 novembre. Per Epifani “l’opposizione in Cgil non può superare nei comportamenti e nei giudizi quei limiti che ci sono per tutti nella comune sottomissione alle regole, ai valori della Cgil”. E ha poi continuato: “Voglio ribadire che la lotta alla precarietà rimane un nostro fermo obiettivo. Questo non vuol dire che non dobbiamo apprezzare quello che c’è nella Finanziaria, ma non basta. E’ un punto di partenza”. Sempre secondo il leader della Cgil, la finanziaria va apprezzata per l’inversione di tendenza del suo impianto, il principio di equità redistributiva tra i redditi, le politiche di lotta al lavoro sommerso.

La divisione politica all’interno della Cgil è stata registrata dall’esito finale delle votazioni alla conclusione del comitato direttivo: 63 voti sono andati al documento di maggioranza presentato da Epifani, 21 voti ad un secondo documento di minoranza, mentre 14 sono stati i voti di astensione.

Commento

La manifestazione di Roma contro il lavoro atipico ha messo in evidenza le divergenze di posizioni sulla riforma del Welfare State e del mercato del lavoro non solo tra i partiti della coalizione che appoggia il governo di centro sinistra, ma anche all’interno del maggior sindacato italiano. Il confronto politico in atto è tra due visioni riformatrici contrapposte, la prima (minoritaria) più radicale e di completa abrogazione degli interventi legislativi del precedente governo Berlusconi, la seconda (maggioritaria) più moderata e di parziale superamento degli stessi.

In un tale contesto di minore coesione politica si apriranno, a gennaio del prossimo anno, due importanti negoziati tra governo e parti sociali. Uno sulle pensioni, l’altro sul mercato del lavoro. Quest’ultimo avrà il compito di rafforzare il sistema degli ammortizzatori sociali, di garantire anche ai lavoratori atipici un sistema previdenziale in linea con gli standard previsti per i lavoratori a tempo indeterminato, nonché di rivedere la normativa sui contratti flessibili, limitandone l’utilizzo improprio ed indiscriminato.

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