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Raggiunto un accordo tra governo e sindacati sui rinnovi contrattuali nel pubblico impiego

Italia
Il 4 novembre 2006 è stata raggiunta un’intesa tra governo e sindacati sui rinnovi contrattuali del pubblico impiego nel biennio 2006-2007. L’accordo, oltre ad anticipare di un anno l’esigibilità delle risorse disponibili che erano state stanziate inizialmente per il 2008, riduce drasticamente i tempi di approvazione nei rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici. Soddisfatti i sindacati confederali di categoria che hanno però deciso di rinviare la sospensione dello sciopero generale non appena l’intesa sarà approvata dal Parlamento.
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Il 4 novembre 2006 è stata raggiunta un’intesa tra governo e sindacati sui rinnovi contrattuali del pubblico impiego nel biennio 2006-2007. L’accordo, oltre ad anticipare di un anno l’esigibilità delle risorse disponibili che erano state stanziate inizialmente per il 2008, riduce drasticamente i tempi di approvazione nei rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici. Soddisfatti i sindacati confederali di categoria che hanno però deciso di rinviare la sospensione dello sciopero generale non appena l’intesa sarà approvata dal Parlamento.

I dipendenti pubblici in Italia sono quasi 3,5 milioni, distribuiti tra scuola (un terzo del totale), sanità (quasi un quinto del totale), enti locali (Comuni, Regioni, Provincie), Stato, enti pubblici non economici, agenzie fiscali e presidenza del Consiglio dei ministri.

Al 31 dicembre 2005 sono scaduti i contratti di tutti i comparti del pubblico impiego. Pertanto, dal 1 gennaio 2006 si è entrati nella fase del loro rinnovo per quanto riguarda il biennio economico (2006-2008). Inizialmente, il governo nella presentazione dell’ipotesi di Legge Finanziaria per il 2007 da sottoporre al dibattito parlamentare (attualmente la Finanziaria è stata approvata alla Camera ed è in corso di esame al Senato) aveva previsto 3,2 miliardi di euro da stanziare per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego a partire dal 2008. Ciò avrebbe significato uno slittamento di più di due anni dei rinnovi contrattuali, poiché, una volta stabilita la disponibilità di tale somma dal 2008, si sarebbero dovuti compiere tutti i passaggi burocratici che nel settore pubblico sono molto più complessi e lunghi rispetto a quelli necessari nel privato. Nella pubblica amministrazione, infatti, l’iter si divide nella fase di preparazione e negoziazione del contratto, in quella di sottoscrizione dell’ipotesi di rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) da parte dei sindacati e dell’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran) che negozia per la parte pubblica i contratti collettivi e, infine, nell’approvazione e certificazione dell’accordo da parte degli organi competenti. In particolare, in quest’ultima fase l’ipotesi di rinnovo per entrare in vigore deve passare al vaglio della Ragioneria generale dello Stato, della presidenza del Consiglio dei ministri, della Corte dei conti (oggi fra la firma dell’intesa e la sua approvazione definitiva passano in media sei mesi). Cosicché per i dipendenti pubblici da quando si apre la fase di preparazione/negoziazione all’Aran a quando si percepiscono effettivamente gli aumenti dei rinnovi contrattuali in busta paga passano in media 30 mesi.

L’accordo

L’eventualità di far slittare a dopo il 2007 i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego ha convinto le organizzazioni sindacali (facenti parte dei tre sindacati confederali) della Funzione pubblica (Fp-Cgil), della Federazione lavoratori dei pubblici servizi (Fps-Cisl), dell’Unione italiana del lavoro pubblica amministrazione (Uilpa) e della Federazione poteri locali (Fpl-Uil) a proclamare uno sciopero generale dei dipendenti pubblici per l’ultima settimana di novembre. Tale decisione ha costretto il governo a riaprire il dialogo con le organizzazioni sindacali che nel settore pubblico possono contare su una forte presenza d’iscritti tra i lavoratori. La trattativa ha così portato alla stipula di un accordo siglato il 4 novembre 2006 tra i ministri dell’Economia e delle Riforme e della Innovazione nella Pubblica amministrazione e i sindacati di Fp-Cgil, Fps-Cisl, Uilpa e Fpl-Uil.

L’intesa tra governo e sindacati verte essenzialmente su due punti, il secondo dei quali abbrevia drasticamente i tempi di approvazione/certificazione da parte degli organi statali competenti.

  • Le risorse di 3,2 miliardi di euro stanziate dalla Finanziaria 2007 per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego (che inizialmente erano state rese disponibili a partire dal 2008) vengono rese ‘interamente esigibili’ per il biennio 2006-2007. Ciò significa che già a partire dal 1 gennaio del prossimo anno potranno essere erogati gli adeguamenti retributivi dopo che gli stessi siano stati fissati dalle parti (Aran e sindacati di categoria) nelle ipotesi di rinnovo contrattuale.
  • Viene indicato – ed è il punto più importante dell’accordo – un limite massimo di 55 giorni tra la firma dell’ipotesi di accordo e l’erogazione degli aumenti in busta paga. L’automatismo degli incrementi retributivi, trascorsi i 55 giorni dalla stipula dell’accordo, dovrà essere inderogabile (cosiddetta ‘perentorietà’), a prescindere che sia conclusa tutta la trafila di validazione dell’intesa stessa. Ciò determina una drastica riduzione dei tempi di approvazione/certificazione: sarà possibile una sola richiesta di esame del contratto collettivo appena siglato da parte della presidenza del Consiglio dei ministri, senza però che tale interruzione superi il limite perentorio dei 55 giorni.

Entrambe le disposizioni valgono per tutti i comparti pubblici e verranno inserite in Finanziaria attraverso l’approvazione in Parlamento (già avvenuta alla Camera) di due emendamenti.

Reazioni

Estremamente positive le reazioni di tutte le parti coinvolte.

Secondo il ministro delle Riforme e della Innovazione nella Pubblica amministrazione, Luigi Nicolais, l’accordo produrrà un aumento degli stipendi dei lavoratori nel pubblico impiego di ‘100 euro nel 2007’. Per Padoa Schioppa, ministro dell’Economia: ‘Introdurre il termine perentorio è un cambiamento fondamentale nella concezione stessa del contratto e nel rapporto con milioni di dipendenti pubblici, […] fa sperare che il rinnovo contrattuale sia un momento di crescita per il settore pubblico e l’economia’. Positivo anche il commento del presidente del Consiglio: ‘E’ un accordo importantissimo – ha sottolineato Romano Prodi – perché, tra l’altro, chiude inadempienze e ritardi che abbiamo ricevuto dal passato’.

Altrettanto soddisfatte le organizzazioni sindacali che si dichiarano pronte a sospendere lo sciopero generale non appena l’accordo sottoscritto con il governo e recepito in due emendamenti alla Finanziaria verrà approvato dal Parlamento. Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, ha definito l’intesa ‘importante, innovativa, inedita, perché sgombra il campo da tanti equivoci e dalle speculazioni pesanti fatte sul pubblico impiego’. Infine, secondo il segretario nazionale della Cgil, Paolo Nerozzi: ‘Le risorse sono state trovate per il biennio 2006-2007. La perentorietà è un elemento altrettanto importante che viene a concludere una fase di riforma che era rimasta irrisolta’.

Commento

L’accordo siglato tra governo e sindacati è senz’altro positivo, in quanto definire regole chiare e tempi certi nella contrattazione collettiva del pubblico impiego è condizione necessaria di ogni politica che miri a migliorare la produttività nel settore pubblico, ma deve rappresentare soltanto il primo passo verso una riforma più generale e di sistema dell’intera amministrazione statale.

Gli anni Novanta hanno segnato importanti processi di rinnovamento e di modernizzazione della pubblica amministrazione italiana per quanto riguarda diversi aspetti: l’organizzazione (in particolare, l’informatizzazione), la modalità di accesso (per la dirigenza, ma anche per l’ingresso massiccio di lavoratori con contratti atipici per i quali non è necessario partecipare a concorsi pubblici), il significativo incremento della formazione continua per i dipendenti, l’introduzione di sistemi di valutazione delle prestazioni e di sistemi incentivanti (soprattutto per i dirigenti).

Oggi in Italia, stando ai dati riportati dall’Ocse, non ci sono più dipendenti pubblici che negli altri paesi. Al contrario, rispetto alla popolazione ed al Pil molti paesi europei hanno valori più alti di quelli italiani (dove il 6% della popolazione è impiegata nell’amministrazione pubblica, il cui costo è pari all’11% del Pil).

Le criticità del sistema non riguardano tanto i suoi costi complessivi, bensì come le risorse vengono impiegate e spese. Per esempio, l’introduzione del sistema informatico (in un ottica di semplificazione) non ha sostituito il sistema cartaceo, ma si è soltanto aggiunto ad esso, contribuendo a rendere più complessa e costosa la burocrazia. Poi, la ‘Riforma Bassanini’, varata nel 1997-1998 con l’obiettivo di trasferire funzioni amministrative (e le relative risorse) dall’amministrazione centrale a quelle regionali e locali, se ha determinato un maggior federalismo, ha però contribuito ad aumentare l’interferenza della politica locale nell’amministrazione periferica (in primis, limitando fortemente ruolo e autonomia dei dirigenti). Ciò ha provocato, nella migliore delle ipotesi, l’erogazione di indennità ‘a pioggia’ (svincolate cioè da ogni criterio meritocratico di valutazione) ai dirigenti, il cui ruolo da alti funzionari dello stato, si è trasformato in meri esecutori della volontà politica locale; mentre, nella peggiore delle ipotesi, si è assistito alla perdita di controllo della spesa in alcuni settori come la sanità, dove in diverse Regioni il costo relativo a tale voce è aumentato in maniera sproporzionata (anche in seguito all’accreditamento di strutture facenti parte del comparto privato).

Tutto ciò rende urgente una riforma della pubblica amministrazione che, oltre a combattere l’inefficienza e ad investire in innovazione tecnologica ed in formazione del personale, parti dal recupero di efficienza attraverso innanzitutto l’introduzione di un sistema di valutazione oggettiva dei risultati, a cui ancorare meccanismi di incentivazione economica che premino impegno e produttività dei dipendenti.

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