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Fiat Group presenta un piano di razionalizzazione per gli stabilimenti italiani

Italia
Dopo la conclusione dell’integrazione con Chrysler (IT0902019I [1]) e in attesa che si sblocchi la trattativa per l’acquisizione della tedesca Opel, l’amministratore delegato di Fiat Group [2], Sergio Marchionne, ha presentato, il 18 Giugno scorso, a Governo, Regioni e sindacati l’ipotesi di riorganizzazione per gli stabilimenti italiani. Il piano contiene l’impegno a non chiudere nessuno degli stabilimenti italiani. L’impegno sarà mantenuto attraverso il cambio di piattaforma produttiva per i due impianti meridionali di Termini Imerese, dove non si produrrebbero più automobili ma componenti, e Pomigliano sui quali si sono subito concentrate le preoccupazioni dei sindacati e delle Regioni che ospitano i siti produttivi. [1] www.eurofound.europa.eu/ef/observatories/eurwork/articles/fiat-group-and-chrysler-form-new-alliance [2] http://www.fiatgroup.com
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Dopo la conclusione dell’integrazione con Chrysler (IT0902019I) e in attesa che si sblocchi la trattativa per l’acquisizione della tedesca Opel, l’amministratore delegato di Fiat Group, Sergio Marchionne, ha presentato, il 18 Giugno scorso, a Governo, Regioni e sindacati l’ipotesi di riorganizzazione per gli stabilimenti italiani. Il piano contiene l’impegno a non chiudere nessuno degli stabilimenti italiani. L’impegno sarà mantenuto attraverso il cambio di piattaforma produttiva per i due impianti meridionali di Termini Imerese, dove non si produrrebbero più automobili ma componenti, e Pomigliano sui quali si sono subito concentrate le preoccupazioni dei sindacati e delle Regioni che ospitano i siti produttivi.

Il confronto che si è svolto il 18 giugno 2009 tra Governo, parti sociali e Regioni sulle prospettive del Gruppo Fiat in Italia ha rappresentato l’occasione per il management di illustrare le intenzioni dell’azienda riguardo il futuro degli stabilimenti italiani, dopo mesi in cui la direzione Fiat è stata impegnata prevalentemente nelle trattative estere per l’integrazione con l’americana Chrysler, da un lato, e con l’offerta per l’acquisizione della tedesca Opel, dall’altro. Il confronto, inoltre, avviene in un momento di particolare difficoltà del settore automobilistico mondiale che è tra i più colpiti dalla crisi economica in corso (ef0941). I sindacati confederali Cgil, Cisl Uil avevano richiesto questo incontro all’azienda ed al Governo già all’inizio del 2009 preoccupati dal fatto che l’attivismo dell’azienda nelle acquisizioni estere potesse tradursi in un disimpegno dagli stabilimenti italiani (vedi tabella).

Gli stabilimenti Fiat in Italia e nel mondo prima dell’integrazione con Chrysler
Stabilimento Numero dipendenti
Mirafiori (Italia) 5.800
Cassino (Italia) 4.400
Melfi (Italia) 5.200
Pomigliano (Italia) 5.300
Sevel Val di Sangro (Italia) 5.900
Betim (Brasile) 8.700
Sete Lagoas (Brasile) 1.200
Cordoba (Argentina) 200
Tychy (Polonia) 5.800

Fonte: Il Sole 24 Ore

La conclusione dell’accordo con Chrysler e la trattativa tedesca

La strategia competitiva della Fiat, dopo l’insediamento dell’attuale a.d. Sergio Marchionne (IT0509101N), è andata nella direzione marcata dell’internazionalizzazione e dell’acquisizione di nuovi asset. Marchionne ha infatti sostenuto che il futuro del settore automobilistico vedrà pochi grandi players mondiale e che la Fiat, per poter competere, dovrà collocarsi tra questi. Questa visione ha guidato la non semplice integrazione con Chrysler (IT0902019I), perfezionatasi a fine maggio, dopo che il giudice fallimentare americano ha approvato la cessione, da parte della Chrysler, degli asset strategici ad una nuova società controllata dai sindacati, dalla Fiat e dai Governi di Usa e Canada.. L’obiettivo dell’integrazione è quello di condividere 10 piattaforme produttive che consentirebbero a Fiat di penetrare il mercato americano con modelli piccoli e a basso consumo. A questo fine Fiat ha già indicato i nomi dei managers che entreranno a far parte del consiglio di amministrazione della nuova azienda, a capo del quale ci sarà lo stesso Marchionne. A preoccupare i sindacati, però, più dell’integrazione con Chrysler è l’offerta che la stessa Fiat ha presentato, durante il mese di maggio, al Governo tedesco per acquisire la Opel in crisi. La preoccupazione deriva dal fatto che, al contrario di Chrysler, Opel produce vetture simili per cilindrata e consumi a quelle prodotte da Fiat negli stabilimenti italiani. Allo stato attuale, però, sindacati e Governo tedesco sembrano preferire l’offerta di un’altra azienda (Magna) a quella della Fiat (che prevedeva 10.000 esuberi tra Germania e Italia) sebbene una decisione definitiva sulle sorti di Opel non sia stata ancora presa.

Il piano per gli stabilimenti italiani

Per quanto riguarda gli stabilimenti italiani, l’a.d. della Fiat, Sergio Marchionne, durante l’incontro del 18 giugno, ha confermato le ‘radici italiane’ del gruppo, assicurando che nessuno degli stabilimenti italiani verrà chiuso. Per i due stabilimenti meridionali di Termini Imerese e Pomigliano l’azienda ha però previsto un cambio di piattaforma produttiva a partire dal 2010-2011. E’ infatti intorno alle sorti di questi due stabilimenti che si sono appuntate le preoccupazioni dei sindacati e degli amministratori locali delle Regioni interessate (Sicilia e Campania) tanto da condurre a scioperi e blocchi stradali in particolare nel sito di Termini Imerese. Nel dettaglio gli assetti produttivi previsti per gli anni 2009-2010 in ciascun sito sono i seguenti:

  • A Mirafiori è confermata la produzione Alfa MiTo e l’inserimento della versione MultiAir da settembre 2009. Proseguirà inoltre la produzione Punto Classic, Multipla, Musa e Idea.
  • A Melfi si avvierà la produzione della nuova Punto Evo mentre è confermata la produzione della Grande Punto.
  • A Cassino è confermata la produzione di Bravo, Delta e Croma. Si avvierà la produzione della nuova Alfa segmento C nel 2010.
  • A Termini Imerese è confermata la produzione Ypsilon (con motori Euro 5) con proseguimento della produzione fino al 2011. Dopo tale data l’azienda si impegna a mantenere la presenza industriale con produzioni diverse da quella automobilistica e, per questo, sarà necessario rivedere l’accordo di programma sulla base del nuovo progetto.
  • A Pomigliano è confermata la produzione di Alfa 159 berlina e sport wagon (con motori Euro 5) e il proseguimento della produzione oltre il 2010. Inoltre fino al 2010 verrà mantenuta la produzione di Alfa 147 e GT, dopo tale data è prevista l’assegnazione di una nuova piattaforma per uno o più modelli.
  • A Sevel Val di Sangro è confermata la produzione Ducato.
  • Per quanto riguarda Iveco sono confermate le attuali missioni produttive in tre stabilimenti di Brescia (nuovo Eurocargo), Suzzara (nuovo Daily) e Avellino (nuovi autobus Citelis e Domino).

A fronte degli impegni produttivi illustrati dall’azienda c’è il massiccio ricorso alla cassa integrazione guadagni che coinvolge attualmente tutti gli stabilimenti italiani del gruppo e la decisione, annunciata ai sindacati dopo l’incontro del 18 Giugno, di voler chiudere lo stabilimento della Cnh di Imola entro due anni. Si tratta di un’azienda consociata che produce macchine per le costruzioni e per l’agricoltura e che impiega oltre 500 lavoratori.

Le reazioni delle parti e gli impegni del governo

L’incontro tra azienda, governo e parti sociali era stato più volte sollecitato dalle organizzazioni sindacali sin dalla stipula dell’intesa preliminare con Chrysler (IT0902019I), le organizzazioni sindacali si sono quindi mostrate soddisfatte per l’avvio del confronto, ma hanno espresso perplessità nel merito del piano, seppure con sfumature differenti. Il giudizio più duro è venuto da parte dei metalmeccanici della Cgil: il segretario generale della Fiom-Cgil, Gianni Rinaldini, ha subito ribadito ‘la ferma contrarietà a ridurre la produzione di autovetture nel nostro Paese’ sostenendo che ‘già ora l’Italia produce autoveicoli in una quantità nettamente inferiore a tutti gli altri paesi europei. Le scelte di politica industriale e del Governo, e la strategia della Fiat, devono pertanto orientarsi allo sviluppo, all’innovazione, alla difesa dell’occupazione e dei siti produttivi’. La preoccupazione di Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, va invece nella direzione di scongiurare, attraverso il confronto, ‘il rischio di depotenziamento degli stabilimenti del Mezzogiorno’ (Termini Imprese in Sicilia e Pomigliano a Napoli). Il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, chiede invece ‘incentivi per la produzione di auto diretti all’azienda ma compatibili con le regole sulla concorrenza dell’Unione Europea’.

Da parte sua il Governo, attraverso le parole del Ministro per le attività produttive, Claudio Scajola, si è impegnato a far proseguire il confronto tra le parti su tre tavoli distinti. Il primo tavolo seguirà l’andamento del mercato del lavoro, dell’occupazione e degli investimenti insieme a Regioni e sindacati; il secondo tavolo si occuperà di sostegno a ricerca e innovazione, il terzo tavolo discuterà di misure di sostegno e accesso al credito per le piccole aziende di componentistica che fanno parte dell’indotto Fiat.

Per quanto riguarda le Regioni, i Governatori che ospitano stabilimenti Fiat presenti all’incontro (Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio, Puglia, Sicilia), hanno illustrato un piano da circa 900 milioni di investimento (distribuiti tra livello centrale, regionale e aziendale) per il rilancio del settore automitive attraverso l’incentivo alla produzione di veicoli ecologici a basso impatto aziendale e la promozione della ricerca combinata nei settori meccanico, elettronico e informatico. In particolare il Governatore della Regione Sicilia, Raffaele Lombardo, ha espresso forte preoccupazione rispetto al cambio di piattaforma produttiva previsto per lo stabilimento di Termini Imerese: sindacati e amministrazione locale, infatti, temono che si tratti di una decisione che prelude al disimpegno della Fiat nell’area siciliana.

Cristina Tajani, Fondazione Seveso


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